Drop Down MenusCSS Drop Down MenuPure CSS Dropdown Menu

Richiesta di preghiere

* * * * *

Per la Richiesta di Preghiere è possibile da oggi utilizzare il MODULO che si trova qui a sinistra.

Le intenzioni saranno oggetto della preghiera comunitaria durante l'incontro del
Gruppo di Preghiera Regina della Pace ogni Giovedì.

* * * * *

giovedì 20 agosto 2015

Sul fenomeno di Medjugorje

Nell’anno 1981, nei mass media non cessavano gli attacchi a tutto ciò che avesse a che fare con le apparizioni, i veggenti e Medjugorje. Venivano fatti rivivere i fantasmi del passato, si faceva presente che quello era il quarantesimo anniversario dalla cosiddetta rivolta popolare, cioè della lotta dei partigiani contro il fascismo (1941-1981), si compattavano le fila del partito, mentre i mass media erano imperterriti nella derisione e nell’invito al linciaggio.

di fra Tomislav Pervan, ofm

 

Oggetto principale degli attacchi fu soprattutto fra Jozo a causa delle sue accese omelie profetiche e piene di fervore, nelle quali egli invitava alla conversione, alla preghiera, al digiuno. Fin dall’inizio — domenica 28 giugno — in una sua dichiarazione egli invito i parrocchiani a pregare e digiunare affinché la situazione si chiarisse, e si vedesse se tutto questo era da Dio o veniva dal nemico. Allo stesso modo il terzo giorno delle apparizioni aveva consigliato a Vicka sua nonna, le aveva cioè suggerito di prendere dell’acqua santa e di cospargere quella manifestazione con le seguenti parole: “Se sei da Dio, rimani, se ti manda Satana, allontanati da noi!” Vicka cosi fece e la Madonna sorrise dicendo di non aver paura. Io sono la Madre di Dio.

Repressioni comuniste e arresto del parroco

Le persecuzioni da parte delle autorità si spinsero a tal punto che venne impedito alle cisterne di portare l’acqua dagli acquedotti cittadini da Čitluk, Čapljina, Ljubuški e soprattutto da Mostar verso Medjugorje, fatto che costrinse il parroco a organizzare il trasporto dell’acqua dalla lontana Imotski. Incomprensibile era l’odio nutrito dalle autorità comuniste nei confronti dei pellegrini, tuttavia i fedeli non si fecero intimidire. Quanto più si parlava contro le apparizioni e tutto ciò che accadeva, tanto più cresceva il numero di fedeli che giungeva a Medjugorje.

Con la loro propaganda, i comunisti stavano ottenendo l’effetto contrario, giacche il mondo era consapevole che i comunisti mentivano e che la verità era l’opposto di quanto veniva sostenuto dai comunisti. Come si suol dire, le bugie hanno le gambe corte, soprattutto se vengono dai seguaci del padre della menzogna.

Il giorno della festa in onore del protettore della parrocchia, San Giacomo il maggiore (25 luglio), in parrocchia c’erano anche le Cresime.

Il vescovo celebrò Messa nel boschetto attiguo alla chiesa e durante l’omelia ripete tre volte che i bambini non [stavano] mentendo e che non [era] possibile convincere sei giovani a dire sempre le stesse cose.

Dunque, il vescovo nella sua omelia escluse che essi stessero mentendo, fatto che fece infuriare ancora di più le autorità comuniste. Nonostante ciò i pellegrini continuavano ad arrivare, tanto che le autorità decisero di fare un ultimo tentativo. Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, molti testimoniarono di aver visto scritta nel cielo verso il Križevac, a lettere cubitali, la parola “MIR” (pace), mente altri attestarono la cosiddetta danza del sole, che ancora oggi spinge molti pellegrini a guardare il sole al tramonto. Per impaurire i parrocchiani, i poliziotti comunisti decisero allora di arrestare i giovani dei villaggi vicini con l’accusa di avere cantato canti ustascia e infine, il 12 agosto 1982, irruppero in paese le forze speciali della Polizia segreta e misero il paese sotto assedio, mettendolo in quarantena rispetto al mondo esterno.

Quella data mi e rimasta impressa nella mente, poiché durante tutto il mese di luglio ero solito recarmi insieme ai novizi in pellegrinaggio a piedi partendo da Humac verso la Collina delle apparizioni, partecipare insieme a loro alla Santa Messa serale e poi a lunghe preghiere.

A volte tornavamo a Humac a piedi, di notte, verso la mezzanotte. Quel mercoledì decidemmo di partire da Humac in pellegrinaggio verso Medjugorje e sentimmo che in paese erano entrate le forze speciali della polizia segreta, e per questo motivo dissi ai novizi di portare con se i documenti d’identità. Dinanzi alla posta di Medjugorje ci fermarono e verificarono le nostre generalità, ci lasciarono proseguire verso la chiesa, ma non ci permisero di andare ne verso Bijakovići ne verso Vasilji. Chiunque cercasse di recarsi verso Bijakovići — ad eccezione degli abitanti — veniva dirottato verso il cortile parrocchiale e la chiesa. Incredibile: i poliziotti comunisti indirizzavano la gente verso la chiesa! Quel giorno vennero stabiliti 13 posti di blocco, tutti gli uomini adulti del posto furono costretti a presidiare tali postazioni notte e giorno, per quasi due anni, indipendentemente dal tempo, bello o brutto che fosse, e ciò fino all’anniversario delle apparizioni del 1983. Solo allora fu permesso di accedere liberamente al luogo delle apparizioni e al Križevac e di far circolare liberamente le persone in paese. Sino a quel momento i pellegrini si erano recati sulle colline a proprio rischio e pericolo. Alcuni studenti universitari di Vienna, che di propria iniziativa avevano deciso di andare sul monte Križevac durante la settimana santa del 1983, vennero arrestati e condotti nella stazione di polizia di Čitluk, dove trascorsero la notte, e furono puniti con due anni di espulsione dalla Jugoslavia, circostanza che fu annotata sui loro passaporti.

Il 15 agosto di quell’anno — il 1981 — solennità dell’Assunzione, vi fu una folla immensa, due volte più grande di quella presente a Široki Brijeg, uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti dell’Erzegovina. La mattina fui a Široki Brijeg e, nel pomeriggio da Humac mi diressi verso Medjugorje e dovetti parcheggiare l’automobile a Baraći, a circa 2 km dalla chiesa parrocchiale. Era praticamente impossibile raggiungere in auto la chiesa in quanto tutta la strada era occupata da automobili. Quel giorno a Medjugorje c’erano sicuramente più di quarantamila persone.

Fra Jozo predicò con entusiasmo.

Il lunedì successivo, il 17 agosto, nella casa parrocchiale irruppe la polizia segreta, strappo fra Jozo dal suo letto e lo condusse in carcere. Essa inoltre perquisì tutta quanta la casa, nella sua stanza sequestro tutto ciò che trovò: tutte le cassette registrate con le conversazioni con i veggenti, tutti i quaderni su cui i pellegrini avevano annotato le grazie che avevano ricevuto in meno di due mesi, l’oro, i doni votivi, i soldi, le fotografie, gli oggetti personali di fra Jozo, la sua corrispondenza. L’operazione fu condotta da un compaesano di fra Jozo, originario di Uzarići, membro della polizia segreta, di nome Ivan Lasić, che era ai vertici federali e statali dell’Ufficio per la sicurezza dello stato.

Perquisirono tutta la casa, la chiesa, e quando vollero aprire il tabernacolo, fra Zrinko Čuvalo, che li aveva accompagnati tutto il giorno, si oppose, dicendo loro che non ne avevano il diritto. Erano tutti convinti che quel giorno la Santa Messa non si sarebbe celebrata. La gente si raccolse in chiesa, tutti piangevano e pregavano, non sapendo quale sarebbe stato il destino del loro parroco. In quei giorni il padre cappuccino fra Stanko Dodig risiedeva presso sua madre Vida, ora defunta, per un periodo di vacanza (il padre era morto da tempo). Egli raggiunse di nascosto la chiesa attraverso i campi di tabacco e i vigneti di Sivrići, fece suonare le campane e celebro la Santa Messa. La sera dello stesso giorno egli dovette fuggire dalla casa di famiglia attraverso Metković per far ritorno a Fiume. Per timore di repressioni per anni non poté più venire in parrocchia. Quindi, la Santa Messa serale si continuò a celebrare nonostante l’arresto del parroco.

Il periodo successivo all’arresto del parroco

Neppure dopo l’arresto di fra Jozo, la gente si lasciò intimidire. Il vescovo, su richiesta del provinciale fra Jozo Pejić, nomino fra Zrinko amministratore parrocchiale e, agli inizi di settembre, fra Tomislav Vlašić venne a Medjugorje da Čapljina in qualità di vicario coadiutore. In autunno riprese l’anno scolastico, e i veggenti si separarono. Da quando fu loro impedito l’accesso al luogo delle prime apparizioni, essi continuarono ad averle in chiesa, in una stanza posta alla destra dell’altare, dove allora veniva celebrata ogni giorno la Santa Messa. Il veggente Ivan si iscrisse al Seminario di Visoko, Mirjana torno a Sarajevo, dove cambiò più volte scuola per i maltrattamenti che continuamente subiva, Vicka e Marija frequentavano la scuola a Mostar, anche loro più volte maltrattate dalle persone che stavano loro attorno. La loro difficoltà era quella di essere separati gli uni dagli altri, di essere veggenti, indipendentemente dalla propria volontà. Tuttavia non si fecero intimidire, e non negarono mai ciò di cui erano testimoni. Jakov andava a scuola a Bijakovići, solamente Ivanka non frequentava alcuna scuola. La sua famiglia possedeva una casa a Mostar ma, essendole nella primavera di quell’anno morta la madre, rimase a Bijakovići con il padre, il fratello e la sorella minore. Ed e proprio il loro comportamento di quei primi mesi ad essere decisivo in tutta la questione: rimasero senza vita privata, furono perseguitati, maltrattati, catapultati in un “gioco divino”, scherniti e derisi dai mass media. Tuttavia non si lasciarono intimidire.

Se si fosse trattato di una messinscena o di un rozzo gioco, dopo un paio di mesi essi avrebbero smentito tutto e ripreso la loro vita “normale”, il calcio, i divertimenti ecc.

Nonostante l’assenza dei veggenti, ai quali dopo quindici giorni venne vietato l’accesso alla Collina delle apparizioni, la gente continuo a venire. Giungevano pellegrini anche da altre parti. Due sacerdoti e teologi italiani suggerirono all’arcivescovo di Spalato, Frane Franić, di recarsi a Medjugorje, giacche la stavano accadendo cose grandi e vere. Giunse a Medjugorje a dicembre, in pieno Avvento, seppur molto stanco e senza farsi riconoscere, segui tutto il programma serale, rimase stupito dalla devozione della gente e di come pregava. Si convinse della verità degli avvenimenti e divento un convinto difensore di Medjugorje. Era un membro di spicco della Conferenza episcopale jugoslava, presidente del Consiglio per la fede della stessa Conferenza. Quindi, da quella parte abbiamo un testimone credibile che non rinuncia ad affermare l’autenticità del fenomeno. E ciò sulla base dei suoi frutti. In seguito conobbe personalmente i veggenti, parlo con loro a lungo, chiedeva loro perfino consigli personali, soprattutto alla veggente Marija.

In ottobre, fra Jozo venne condannato a tre anni di carcere a seguito di un processo politico montato ad arte. Il vescovo Žanić a poco a poco si allontano da tutto, soprattutto quando, agli inizi del 1982, due frati francescani vicari parrocchiali di Mostar, fra Ivica Vego e fra Ivan Prusina, si rivolsero ai veggenti in cerca di consiglio e di un qualche tipo di protezione. A quanto pare una delle veggenti disse che il vescovo “aveva agito in modo avventato”, che avrebbe reagito impulsivamente invece di essere più cauto nei confronti dei due frati. Questo fu per il vescovo un chiaro segno che non poteva essere la Madonna a parlare, perché come avrebbe osato Lei criticare un vescovo? Quello stesso inverno il vescovo istituì la prima Commissione che si sarebbe dovuta occupare di Medjugorje, composta da quattro membri e presieduta dal vescovo stesso.

Si può dire liberamente che i veggenti ormai non influenzavano più il movimento dei pellegrini.

Furono inizialmente importanti come una sorta di “molla di azionamento”, come miccia iniziale, ma in seguito moltitudini di fedeli, attraverso pratiche di preghiera, confessioni accurate e conversioni, confermarono con la loro vita ciò che la Madonna aveva loro chiesto fin dall’inizio. Cosa che nella sua essenza e poi, in realtà, lo stesso originario messaggio biblico che sta all’origine della Buona Novella.

In tutto il paese regnava la tensione, i poliziotti comunisti controllavano le macchine all’ingresso dell’abitato, gli abitanti del posto erano continuamente di guardia in alcuni punti strategici, indipendentemente dalle condizioni del tempo, notte e giorno, sopportando questo con pazienza.

Non cessavano le minacce e le intimidazioni da parte dei poliziotti comunisti e del Partito.

Vi erano costanti minacce di arresto, mentre i membri locali del partito erano isolati visto che la gente del posto li evitava. Il popolo si era chiaramente schierato dalla parte delle apparizioni, ogni sera la chiesa era gremita, per la maggior parte si trattava di parrocchiani e di fedeli delle parrocchie limitrofe e, nei fine settimana, da tutta la Croazia, soprattutto dalla Dalmazia.

Molte persone che desideravano venire, non potevano per mancanza di carburante, poiché vigeva il regime delle targhe alterne, oppure perché non riuscivano a ottenere un numero sufficiente di buoni benzina alle pompe. Tuttavia la folla continuava a crescere.

1982: Nuovo parroco e continue minacce comuniste

Amministratore della parrocchia era fra Zrinko Čuvalo. Nel luglio del 1982 venne da me a Humac fra Jozo Pejić e mi riferì che l’amministrazione della Provincia intendeva propormi al vescovo come parroco di Medjugorje. Cercai con tutte le mie forze di farlo desistere dalla sua decisione, ma non vi riuscii. Due giorni interi per ore cercai di distoglierlo dalla decisione. Di questo sono testimoni fra Ivan Dugandžić, fra Tomislav Vlašić e fra Vendelin Karačić. Sapevo che l’attuale parroco si trovava in carcere, ne ero del tutto consapevole, e che era impossibile che due persone occupassero contemporaneamente la carica di parroco. Il parroco era considerato dal popolo un testimone delle apparizioni ed un martire. Cosa avrebbe detto il popolo, cosa avrebbero detto gli altri frati e la comunità dei fedeli quando avessero saputo della sostituzione del parroco in carica? Da una parte tre anni di carcere costituivano un periodo troppo lungo perché la parrocchia rimanesse scoperta e la faccenda doveva trovare una soluzione, ma dall’altra, colui che ne avrebbe preso il posto avrebbe avuto difficolta da ogni parte. Andai da fra Tomislav Vlašić, gli esposi tutta la faccenda e lo pregai di consigliarsi con i veggenti. La sera del 16 luglio mi invio un messaggio scritto a mano dicendomi che i veggenti gli avevano detto che avrei dovuto accettare l’incarico.

Mi sentii un poco sollevato nel cuore e nell’animo, tuttavia, dopo aver ottenuto il decreto di trasferimento da Humac a Medjugorje, chiesi al Provinciale un mese di riposo, e giunsi quindi a Medjugorje una settimana dopo il giorno dell’Assunzione di quell’anno. Rimasi qui per sei anni interi, nel periodo più difficile, nel quale in certi momenti era molto più sicuro trovarsi in carcere che non nella casa parrocchiale di Medjugorje.

Non mancarono minacce, intimidazioni e divieti. A Čitluk i comunisti furono molto duri, soprattutto i responsabili dell’organizzazione locale di partito, nel comitato comunale di Čitluk.

Non erano più accondiscendenti neppure i membri locali del partito nella stessa Medjugorje. Ogni richiesta di ristrutturazione o edificazione veniva respinta. Nessun lavoro di edificazione fu possibile durante tutto il tempo del mio mandato come parroco, noi tre sacerdoti eravamo alloggiati in tre camerette, fra Slavko Barbarić, che veniva da Mostar, divideva a volte con fra Tomislav Vlašić la camera dell’ex parroco. Le tre suore vivevano in condizioni disumane, in soli 9 mq, non avevano un bagno proprio, cosicché fui costretto a far sistemare una doccia per loro giù in lavanderia. Col tempo feci allestire tre camerette nel campanile sinistro, nelle quali d’estate il caldo era insopportabile e d’inverno il freddo intollerabile. Dovemmo comunque in qualche modo adattarci. Nessun servizio igienico esterno, solo un WC di fortuna, un poco risistemato, che serviva agli alunni della scuola. E per questo venni richiamato dalle autorità comuniste! Come mi ero permesso di toccare le proprietà statali?! Non c’era acqua, nessun servizio igienico, e i pellegrini continuavano a venire da ogni parte del mondo. Una vergogna dinanzi a tutto il mondo. I pellegrini venivano sottoposti a severi controlli, soprattutto quelli provenienti dall’estero, tutti dovevano registrare la propria presenza presso la stazione dei poliziotti comunisti di Čitluk.

L’obbligo di registrazione valeva per tutti. Gli abitanti del posto erano impauriti ma nello stesso tempo fieri. In occasione delle principali ricorrenze e delle feste più importanti, attorno alla casa parrocchiale vi erano noti agenti dell’Ufficio per la sicurezza dello stato in borghese, i quali seguivano tutto, tutti i nostri movimenti, tutte le omelie, ogni singola parola.

Erano i nostri “angeli custodi”, e rappresentavano per noi una pressione psichica e un peso. Soltanto in occasione dell’anniversario delle apparizioni del 1983 furono resi possibili l’accesso e la salita alle colline, sia a quella delle apparizioni che al Križevac.

Tutto ciò duro per tutto il tempo della mia permanenza a Medjugorje. Nell’impossibilità di costruire o di fare qualunque cosa, acquistammo il terreno dietro la chiesa, poiché c’erano vigneti e campi coltivati fino alla chiesa stessa. Ci dedicammo alla sistemazione del cortile della chiesa, almeno di quello che apparteneva a noi. Il tutto senza autorizzazione. Se l’avessimo richiesta, ci sarebbe stata negata. Cosi decidemmo di agire illegalmente. Realizzammo anche l’illuminazione fuori della chiesa e l’elettrificazione del cortile. Per la mancanza d’aria in chiesa decidemmo di far realizzare due porte laterali su ogni lato quali uscite di emergenza.

Allora era impossibile installare un impianto di climatizzazione che rendesse la chiesa fresca d’estate e calda d’inverno. Vi furono diversi tentativi, visitammo anche varie istituzioni che avevano un tale impianto (ad esempio gli alberghi sull’Adriatico), ma da noi fu tutto irrealizzabile. La tecnologia di allora non era ancora sufficientemente avanzata. Per salvare il salvabile, in estate dovevamo togliere i vetri dalle finestre della chiesa per creare un poco di corrente e far circolare l’aria. Si può affermare che tutto il mondo giungeva a Medjugorje, tutta quanta la Croazia. Dalla Slovenia arrivavano treni gremiti di pellegrini sulla tratta che collegava Lubiana a Mostar. In una particolare occasione le autorità non vollero mettere a disposizione degli autobus che portassero i pellegrini da Mostar a Medjugorje, per cui le persone dovettero prendere un taxi per arrivare a destinazione (una trentina di chilometri!). Tale era il disprezzo delle autorità nei confronti di Medjugorje.

Ciononostante, in un’occasione l’arcivescovo Franić ebbe a dire che nella sua arcidiocesi, dal punto di vista pastorale, Medjugorje aveva compiuto molto di più di quanto la normale azione pastorale avesse fatto in tutto il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale.

Fu tanto onesto da riconoscerlo. La gente veniva a Medjugorje e tornava a casa convertita, spiritualmente arricchita e dando testimonianza del proprio cambiamento.

E anche quando lasciai la parrocchia, nell’ottobre del 1988, nulla lasciava presagire la caduta del comunismo. Avevamo riscattato dal comune la vecchia scuola un tempo diretta dalle suore, ormai quasi distrutta. Riuscimmo in questo all’ultimo momento, in quanto in quello stesso edificio gli sloveni (il loro tour operator Kompas) intendevano costruire un grande albergo. Solamente nel 1986, dopo insistenti richieste, domande e pubbliche umiliazioni, il comune si degno di costruire i bagni pubblici che vennero messi in funzione solo l’anno successivo, nel 1987, anche se neppure questo ci avrebbe portato a livelli occidentali di civilizzazione. Essi, infatti, erano simili a quelli delle caserme o delle stazioni degli autobus balcaniche. Qualsiasi tentativo di fare dei lavori veniva sanzionato dall’arrivo degli ispettori, e solitamente per l’ispezione inviavano un non cattolico, un musulmano di nome Đukić, originario di Blizanci. Quell’uomo svolgeva il suo compito di ispettore a pagamento. In poche parole, furono anni di tormenti e problemi, di persecuzioni e maltrattamenti da parte delle autorità, anni di divieti da parte del vescovo, che egli non risparmio né ai frati né ai veggenti. Dapprima fra Veselko Sesar lascio la parrocchia per motivi di salute, e al suo posto il provinciale invio fra Slavko Barbarić. In seguito giunse in parrocchia fra Dobroslav Stojić, ma subito dopo venne trasferito a Vitina fra Tomislav Vlašić, ritenuto dal vescovo il principale mistificatore e la persona chiave nella diffusione delle apparizioni. Al suo posto giunse fra Petar Ljubičić e, quando il vescovo costrinse il provinciale a trasferire anche fra Slavko da Medjugorje a Blagaj, su mia richiesta il provinciale suggerì di mandare a Medjugorje fra Ivan Dugandžić.

Dopo che i poliziotti comunisti li avevano cacciati dalla Collina, i veggenti ebbero dapprima le apparizioni in una stanza alla destra dell’altare maggiore della chiesa, dove un tempo, prima delle apparizioni, si celebrava la Santa Messa mattutina. In seguito il vescovo proibì ai veggenti di guidare la preghiera del Rosario e i sette Padrenostro, e poi ordinò di allontanarli anche da quel posto. Da allora ebbero le apparizioni nell’ufficio parrocchiale, ma il vescovo ci obbligo ad allontanarli anche da li. Continuarono ad avere le apparizioni in chiesa, nel coro, e in seguito in una delle camerette del campanile. Al vescovo non bastò neppure questo, tanto che decise di cacciarli dal perimetro della chiesa, per cui essi vennero costretti ad allontanarsi dalla chiesa ed ebbero le apparizioni nelle loro case. A Sarajevo Mirjana non ebbe più apparizioni dal Natale 1982, Ivanka a partire dal maggio 1985, Jakov dal settembre 1998 (esattamente tre anni prima dell’attacco terroristico contro New York e il Pentagono dell’11 settembre 2001).

Essi sopportarono pazientemente tutti questi maltrattamenti da parte delle autorità ecclesiastiche, ritengo tuttavia che si sentissero incompresi, anzi perfino rifiutati dalla Chiesa, sebbene fossero come presi da un impeto interiore che li portava a testimoniare la veridicità delle apparizioni.

Per loro dev’essere stato scioccante il fatto che il vescovo locale nei suoi interventi, solitamente in occasione del conferimento delle Cresime, negasse qualsiasi apparizione, trasformandoli di fatto in bugiardi e in sobillatori del popolo. Dunque, pubbliche calunnie, e perfino diffamazioni…

 

Fonte: Glasnikmira2015

Nessun commento: