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Richiesta di preghiere

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Per la Richiesta di Preghiere è possibile da oggi utilizzare il MODULO che si trova qui a sinistra.

Le intenzioni saranno oggetto della preghiera comunitaria durante l'incontro del
Gruppo di Preghiera Regina della Pace ogni Giovedì.

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venerdì 21 agosto 2015

OMELIA DI PADRE LJUBO MEDJUGORJE 4 AGOSTO 2015


Carissimi giovani e voi tutti che vi sentite giovani presenti qui e voi collegati con noi nello stesso spirito di comunione… Questa è una piccola Chiesa radunata da tutte le parti del mondo, da tutti i continenti.
Io cercavo sempre, e fino ad oggi non ho trovato risposta, almeno una ragione umana. Cos’è che vi tiene qui sei giorni, sotto questo sole, in questo luogo? Ancora di più… Che cos’è che attira qui le persone in questi 34 anni? Qui non ci sono bellezze naturali. Forse non sentirete nemmeno parole, catechesi, prediche sagge. Ma qui l’uomo esperimenta qualcosa di diverso. Perchè? Molti mi hanno detto - e anch’io l’ho esperimentato - che qui si prega più facilmente. Qui si apre il cuore con più facilità. Qui si esperimenta la pace. Dove è la Madonna c’è la forza dello Spirito Santo.
Molti dicono: “qui mi sento a casa”. L’uomo è a casa lì dove è amato, dove è accettato, dove sente che è stato perdonato. Molti fuggono dalla propria casa e dalla propria famiglia, perchè non sentono l’amore e non sentono di essere accettati.
Dio, quando ci ha creati, ci ha tessuti nell’Amore. Ecco perchè cerchiamo l’amore. Perchè solo Lui può donarci l’Amore vero che desideriamo.
Se ritorniamo alla Parola di Dio che ascoltiamo notiamo che le letture e il Vangelo sono legate da un filo. La prima lettura parlava dell’invidia e il Vangelo, invece, parla della paura, della mancanza di fiducia. Vediamo nella prima lettura che Aronne e Maria erano invidiosi verso Moseè a causa di una donna etiope che lui aveva preso. Per questo lo rimproverano: “Dio non ha parlato soltanto per mezzo di Mosè; ha parlato anche per mezzo nostro”. Lì parla l’invidia. E questa invidia vogliono nasconderla. L’uomo desidera nascondere l’invidia. L’invidia è qualcosa che mangia da dentro colui che è invidioso. I Vangeli dicono che Gesù è stato ucciso per invidia. L’invidia cambia in negativo il nostro cuore e i nostri occhi. Porta l’odio e con invidia diabolica nel mondo è entrata la morte.
Quando leggiamo la Bibbia vediamo che Caino era invidioso nei confronti di suo fratello Abele. L’invidia uccide. L’invidia ci lega. Che cosa ci può liberare dall’invidia?
Proprio oggi pomeriggio hanno parlato i ragazzi della comunità Cenacolo. In modo particolare Marco.
Se, cari giovani, foste capaci ogni mattina di guardarvi nello specchio e accettare voi stessi e abbracciare voi stessi e riconoscere in voi stessi il dono della vita che vi è stato fatto. Non c’è un dono più grande. Saper dire all’altro “Ti voglio bene, sei un dono per me”. Così diceva e scriveva san Giovanni Paolo II nella sua lettera in cui da un programma alla Chiesa intera, a noi cristiani, fedeli.Il Papa dice: “La spiritualità della comunione è lo sguardo del cuore sul mistero della Santissima Trinità che dimora in te”. E’ lo sguardo anche verso l’altro fratello e sorella. Luce che si riflette sul volto di tuo fratello e di tua sorella. La spiritualità della comunione significa vedere i doni degli altri e vedere i loro doni anche come miei doni. Non sono solo per loro. Soltanto un tale sguardo ci fa diventare fratelli e sorelle. Lo sguardo di un cuore purificato è quando possiamo riconoscere nella nostra vita tutti i doni che ci sono stati dati. Solo allora potremo riconoscere anche gli altri come dei doni.
La prima lettura dice che Mosè era il più umile di tutti. Era più umile di chiunque sulla faccia della terra. Questo vuol dire che si era svuotato del proprio ego, della propria superbia. Siccome si era svuotato Dio poteva dimorare in lui in pienezza. Ecco perchè provoca invidia.
La Bibbia dice che il bene e il successo dell’uomo provocano l’invidia del prossimo. Questa è la vanità. Una cosa inutile.
Questo è il messaggio della prima lettura: sapersi svuotare del proprio ego. E’ un impegno per tutta la vita.
Il Vangelo ci fa ritornare al lago di Genesaret. Gesù ha mandato i suoi discepoli in barca e Lui è rimasto per congedare la folla. Dopo è andato in disparte a pregare. Ha lasciato i discepoli a se stessi anche se c’era vento contrario. Questo evento la prima Chiesa lo leggeva… La prima Chiesa ha anche incontrato il vento contrario delle persecuzioni dei primi martiri. Questa immagine è un messaggio forte per la prima Chiesa. Un messaggio per la Chiesa fino alla fine del mondo. Gesù non è mai assente.
Il messaggio è che Gesù è sempre presente con i suoi. Non li lascia soli. Non li può lasciare soli.
Il Vangelo non è per essere raccontato, ma per essere vissuto. Sempre di nuovo. Entriamo nelle pagine del Vangelo dove si parla di noi, della nostra vita. Questa è la differenza tra il Vangelo e qualsiasi altro libro. La Parola di Dio desidera incarnarsi, desidera realizzarsi sempre nella tua e nella mia vita. Cerchiamo col cuore e con l’immaginazione di entrare in quella barca. Nella tua situazione concreta forse anche tu esperimenti il vento contrario. Senti che la barca della tua vita è agitata dalle onde. Forse hai paura per la tua vita, forse hai perso il lavoro, forse ti pesano i tuoi esami. Forse ti pesa la croce, i rapporti umani. Forse ti porti dentro qualche ferita. Ti sembra di perdere il terreno sotto i piedi.
Gesù ti invita: “Vieni”. Come ha detto a Pietro. I discepoli a prima vista non riconoscono Gesù. Sentono la paura. Non vedono chiaro. Pietro desidera accertarsi che fosse veramente quel Gesù che lui conosceva. Sente la Sua voce: “Vieni, Pietro”. Pietro poteva dire: “Signore, io so che posso camminare sulle acque, ma preferisco rimanere sulla barca. Qui è più sicuro”. Eppure Pietro osa uscire. Questa è la fede. La fede non è fermarsi nella barca e credere con la testa. La fede comprende l’uomo intero. Tutta la sua vita. La fede comprende anche il rischio. Mentre guarda Gesù Pietro può camminare sulle acque.
Fratelli e sorelle, questo Vangelo era importante anche per la mia vita.
Io posso testimoniare che la mia vocazione è avvenuta qui. Il seme è stato seminato qui a Medjugorje. Quando ero ancora alle scuole superiori mi sentivo attirato da questo luogo. In quell’epoca non c’erano le macchine. Era difficile muoversi. Ho cercato di venire a Medjugorje almeno una volta all’anno. Vivevo lontano. Qui ho sperimentato che la preghiera non è un monologo. La preghiera non è soltanto il mio parlare a qualcuno lontano tra le nuvole che forse sente la mia preghiera o forse no. Quando sperimenti che la preghiera è un dialogo qualcosa si sveglia dentro di te. Posso dire di non aver mai voluto essere frate, sacerdote. Posso anche dire che non ho scelto io questa vocazione. Si dice che ogni vocazione spirituale sia frutto della preghiera. Qualcuno ha pregato. Qualcuno ha pianto e ha fatto sacrificio per la mia vocazione.
Gesù ha detto: “Pregate il Padrone della messe perchè mandi operai”. Io non so chi ha pregato per me. Posso solo supporlo.
Dio guida ogni anima come ha guidato la mia. Non smette mai di guidarmi.
Quando ero adolescente ho terminato le scuole superiori e mi sono iscritto all’università. Come ogni giovane cercavo la mia via, il mio cammino. Non era sempre chiaro. Cerchi, domandi… Non sai dove porta questa via. Ascolti gli altri.
Mi sono iscritto all’università alla facoltà di ingegneria meccanica a Mostar. Ho dovuto fare la leva militare. Dopo il militare l’idea dentro di me è cambiata. Ho cercato lavoro e l’ho trovato a Zagabria. Ero in crisi e in ricerca del mio cammino. Pensavo che la crisi sarebbe passata dopo aver trovato il lavoro. Ma la crisi non è passata. Cercavo, ma non sapevo cosa cercavo.
Quando l’uomo guarda indietro è tutto chiaro, ma mentre sta vivendo tutto ciò non è tutto chiaro. Non pregavo soltanto Dio, ma urlavo a Dio, gridavo a Dio, litigavo con Lui. Sembrava che si fosse nascosto. Finchè un giorno Dio ha parlato. Non mentre pregavo, non mentre ero in chiesa. Dio mi ha parlato mentre lavoravo nella vigna di mio zio. Ero libero dal lavoro e lo aiutavo nella vigna. Un’immagine significativa. Non ho sentito niente e non ho visto niente. Non ho bevuto niente. Era di mattina. Ma era tanto forte e tanto chiaro dentro di me. Subito ho trovato mille motivi per non diventare sacerdote. Era bellissimo. Mi sentivo libero di dire di no al Signore. Quando Dio tocca l’anima la lascia libera. Quando il maligno ti attira allora ti senti legato, prigioniero. Senti che non puoi fare diversamente. Invece Dio rispetta la tua libertà. Gli ho detto di no. Gli ho risposto “no!” Ma ho lottato con questo “no”. Dentro di me è rimasta l’inquietudine. Non era chiaro nulla. Volevo la certezza, la sicurezza mentale. Mi facevo le domande. Mi chiedevo: “E’ qualcosa che viene da me o viene da Dio?” Nessuno mi dava la risposta. Nemmeno io potevo rispondere a me stesso. Ma quando Dio ti chiama ti manda sempre qualcuno sul cammino per aiutarti.
L’ho detto ai miei genitori e loro hanno cominciato a fare il segno della croce nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo e hanno detto: “Ma cosa ti è successo? Non sei normale. E’ difficile lavorare per te?” Io non sapevo rispondere.
Soltanto il mio parroco era felice per questo. E anc’io perchè qualcuno mi aveva compreso. Così ho scritto la richiesta al provinciale e il mio parroco mi ha detto: “Ritorna a lavorare. Se la richiesta sarà accettata lascerai il lavoro. Se non sarà accettata continuerai a lavorare come se non fosse successo nulla”.
Sono tornato a lavorare a Zagabria e lì sono iniziati i miei dubbi: “Che cosa ho fatto? Ma non sono mica normale. Ma è una cosa di dio o una cosa mia? Dio aiutami perchè rimanga qui a lavorare e il provinciale rifiuti la mia richiesta”. Così ho pregato.
Dopo 15 giorni il parroco mi ha detto: “Lascia il lavoro. Sei accettato”. Allora ho detto: “Dio, Tu mi hai ingannato”.
Dio sa ingannare per il nostro bene. Qualche volta non sappiamo cosa è per il nostro bene. Non abbiamo la forza di entrare nel mare come fece Pietro. Ecco perchè per me è significante Pietro che cammina sulle acque. Ho guardato Gesù e ho detto: “Ecco, arrivo”. Arrivano le onde, i limiti, le debolezze, le paure e comincio ad affondare. Quel cammino sulle acque non finisce mai, fratelli e sorelle. Non finisce mai. Fino alla nostra morte.
Perciò vi prego: non rimanete nella barca. Abbiate il coraggio di uscire dalla barca. Anche se affondate Gesù è vicino per aiutarvi.
Amen.

 

Fonte : IdM (Andrea Bianco)

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