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Richiesta di preghiere

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venerdì 25 marzo 2016

IL CROCIFISSO DI Grünewald, «IL PIU' TOCCANTE DELLA CRISTIANITA' »

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L’immagine di Cristo crocifisso, che sta al centro della liturgia del Venerdì Santo, manifesta tutta la serietà della sofferenza, dello smarrimento e del peccato dell’uomo.
E tuttavia, lungo i secoli della storia della Chiesa, è stata sempre percepita come immagine di consolazione e di speranza. L’Altare di Isenheim di Matthias Grünewald, forse l’immagine della croce più toccante di tutta la cristianità, si trovava in un convento di Antoniani nel quale venivano curati quelli che erano stati colpiti dalle terribili epidemie che flagellarono l’Occidente nel tardo Medioevo.
Il Crocifisso è raffigurato come uno di loro, l’intero suo corpo piagato e coperto dai bubboni della peste, il più oscuro male del tempo.
Si avverano in lui le parole del profeta: è ricoperto dai nostri bubboni. I monaci pregavano di fronte a questa immagine con i loro malati, che trovavano consolazione nel riconoscere che, in Cristo, Dio pativa insieme a loro.
Da questa immagine essi sapevano che, proprio grazie alla loro malattia, erano identici a Cristo crocifisso che, colpito anche lui, si era unito a tutti coloro che nella storia erano stati colpiti; sperimentavano la presenza del Crocifisso nella loro croce e, attraverso la loro sofferenza, si sapevano ancorati in Cristo e così immersi nell’abisso dell’eterna misericordia. Sentivano la sua croce come la loro redenzione.
Oggi molti uomini provano una profonda diffidenza verso questa idea di redenzione. Seguendo Karl Marx, considerano consolatoria, di fronte alla valle di lacrime terrena, la consolazione in cielo, perché in nulla migliora la miseria nel mondo, bensì la perpetua, in ultima analisi solo a vantaggio di chi ha interesse al mantenimento dello status quo.
Invece della consolazione, essi esigono un cambiamento che redima eliminando il dolore. Non la redenzione attraverso il dolore, ma la redenzione dal dolore: questa è la parola d’ordine; non l’attesa dell’aiuto divino, ma l’umanizzazione dell’uomo per mezzo dell’uomo: questo è il compito.
A questo punto, naturalmente, si può subito obiettare che sono false le alternative proposte; perché è del tutto evidente che gli Antoniani vedevano nella croce di Cristo non una scusa che li avrebbe esonerati da un’opera mirata e organizzata di aiuto agli uomini.
Con 369 ospedali sparsi in tutta Europa, gli Antoniani avevano realizzato una rete di soccorso nella quale la croce di Cristo era assunta come esortazione pratica a cercare Cristo nel sofferente e a sanare il suo corpo ferito: dunque a cambiare il mondo e a far cessare il dolore .
È lecito chiedersi se oggi, all’invocare a gran voce umanità e umanizzazione, corrisponda un impulso reale a servire e a soccorrere pari ad allora. A volte si ha la sensazione che vogliamo riscattarci da un compito che è diventato troppo faticoso per noi col parlarne, almeno, in modo altisonante.
In ogni caso già oggi viviamo, in larga misura, prendendo dai Paesi più poveri persone con il compito di servire, perché nei nostri popoli l’impulso a servire è divenuto troppo debole. E tuttavia bisogna chiedersi quanto possa vivere un organismo sociale nel quale viene meno un organo vitale che a lungo andare non è rimpiazzabile con un trapianto.
In questo senso, proprio anche nell’ambito della necessaria opera di costruzione e cambiamento del mondo da parte dell’uomo, la questione dovrà essere considerata diversamente da come avviene nelle facili contrapposizioni oggi di moda.
Tuttavia con questo la domanda in questione non ha ancora avuto completamente risposta. Perché gli Antoniani, conformemente al Credo cristiano, non solo hanno annunciato e praticato la redenzione dalla croce ma anche la redenzione per mezzo della croce.
Joseph Ratzinger

Fonte: profilo FB di A. Socci

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