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Richiesta di preghiere

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Le intenzioni saranno oggetto della preghiera comunitaria durante l'incontro del
Gruppo di Preghiera Regina della Pace ogni Giovedì.

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martedì 19 aprile 2016

Omelia della santa Messa serale Medjugorje, 16 aprile 2016

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore.


Cari fedeli, parrocchiani e pellegrini e voi tutti collegati con noi via internet, permettetemi di iniziare la riflessione d’oggi con il salmo 19, non previsto dalle letture di oggi, ma ci può aiutare a comprendere meglio ciò che i testi ci hanno detto.
“I cieli narrano la gloria di Dio. L’opera delle Sue Mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. Senza linguaggio, senza parole. Senza che si oda la loro voce. Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio”.
Il testo ci parla di ciò che la teologia chiama “rivelazione naturale”: dal mondo creato arriviamo al Creatore. Eppure questa rivelazione non è diretta, non è parola, non è linguaggio, ma lo scrittore dice che si ode la voce. Forse qualche volta da bambini abbiamo giocato in luoghi dove si sentiva l’eco. dopo aver gridato qualcosa si sentiva nuovamente la nostra voce. Così si può comprendere la Parola di Dio che abbiamo appena sentito. Per poterla comprendere dobbiamo fermarci e rimanere nel silenzio. Dobbiamo sentirla come l’eco che ritorna e noi dobbiamo ascoltare.
La lettura degli Atti degli Apostoli e del libro dell’Apocalisse parlavano di una grande moltitudine di persone.
La prima moltitudine era quella che si è raccolta ad ascoltare gli apostoli. Quasi tutta la città si era radunata per sentirli, ma allo stesso tempo vediamo l’ostilità al loro annuncio, anzi: una vera persecuzione.
A questa persecuzione partecipano le pie donne e i notabili della città.
La seconda lettura, tratta dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo, parla di una moltitudine immensa di ogni nazione, popolo, tribù e lingua. La moltitudine sta davanti al trono di Dio ed è degna di essere stata invitata alla mensa del Signore. Essi sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e sono rimasti fedeli al Signore. Il Signore non li ha liberati dalla tribolazione, ma li ha premiati, perchè nella prova si sono dimostrati degni di essere prescelti da Dio.
Queste letture sullo stesso tema collegano due Chiese e due vite: due livelli diversi, ma collegati. La Chiesa attuale e la Chiesa futura; la vita attuale e la vita futura.
Nel Simbolo della fede, nel Credo, diciamo di credere nella Santa Chiesa Cattolica, la Comunione dei santi, la vita eterna. Per quanto siano diversi piano terrestre e piano celeste fanno un’unione. Ciò che è precedente nel cielo non sparisce, ma si trasforma.
Così questa Chiesa terrestre, con la quale intendiamo tutte le persone che credono in Cristo e tutti coloro che non hanno ancora conosciuto la Verità ma con cuore puro cercano Dio e vivono secondo il giudizio della propria coscienza, sarà trasformata e unita un giorno nell’eternità, dove ci saranno i prescelti di Dio, coloro che sono stati trovati degni di questa gloria.
Purtroppo si guarda poco alla Chiesa celeste, agli esempi dei santi. Ci sono diverse ragioni. Alcuni di questi motivi riguardano il passato, quando con occhio superficiale si presentava ciò che l’occhio umano non ha visto e l’orecchio umano non ha sentito. Si lasciava troppo poco spazio al mistero e tutto veniva dimostrato come visibile, tangibile, catalogabile in categorie umane. Oggi siamo andati all’estremo opposto. La teologia, come se volesse scappare da tutto ciò che è materiale, cerca di spiegare tutto con speculazioni filosofiche poco comprensibili dall’uomo semplice.
Senza dubbio questa è una via sbagliata. Dio si è rivelato a noi con le nostre parole, le nostre immagini, nella nostra storia spesso pesante e sporca. Dio si è rivelato completamente in Suo Figlio diventato Carne. Non ha preso solo la carne, ma è diventato Carne. Lui è il Primogenito dei morti. Non è risorto soltanto il Suo Spirito, ma tutto il Suo Essere, incluso il Corpo.
Non abbiamo le fotografie di ciò che è nei cieli. Ogni nostro discorso sulla vita eterna è imperfetto, ma questo non significa che dobbiamo fuggire dal modo umano di esprimerci, perchè non abbiamo un altro modo. Non possiamo pensare in un altro modo se non nel modo umano. Dio si è rivelato a noi nel modo umano e nel modo di pensare umano. Ci ha rivelato tutto ciò che è necessario per noi e per la nostra salvezza.
Il grande discorso del Regno dei Cieli non è nessuna garanzia per la persona che lo annuncia; non vuol dire che questa persona conosce il Regno dei Cieli. Dio conosce quella persona che vive la Volontà di Dio, anche se non riesce a dire tre sole frasi di seguito. Parlare di Dio senza fare la Sua Volontà è un discorso vuoto, senza senso.
Chi raggiunge la santità è veramente un buon teologo anche se è un analfabeta.
Nel Cristianesimo moderno è come se ci fosse una paura di mostrare l’esempio dei santi, perchè lo sguardo non si allontani da Cristo. E’ un modo di pensare strano. Le stelle non possono togliere la luce del sole.
Giungere alla santità è l’invito, la vocazione principale di noi Cristiani sulla terra. Soltanto così si arriva alla gloria celeste. La Resurrezione è una realtà alla quale dobbiamo rivolgerci continuamente, perchè senza questo evento tutto è inutile. San Paolo non a caso dice: “Senza la Resurrezione è inutile la vostra fede e la nostra predicazione”.
Ma Cristo è risorto e anche noi risusciteremo nell’ultimo giorno, perciò diciamo che crediamo nella vita eterna.
In conformità a questa fede vale la pena modellare la vita terrena.
I discorsi sull’eternità non si fanno più. Anche nelle chiese si parla della giustizia sociale, dell’ecologia, della compassione, di ogni dimensione della società e della natura. In realtà sono tutte categorie cristiane e chi non ha sentimento per queste categorie ha capito poco del Vangelo, ma senza la fede nella vita eterna non abbiamo capito proprio nulla.
Si parla dei morti pensando a cosa facevano, cosa dicevano, ma raramente pensiamo dove sono adesso, come si sentono adesso. Non lo possiamo sapere con esattezza, ma alla Luce della fede possiamo intuire.
Anche noi fedeli parliamo spesso dei morti come se fossero veramente morti e non persone che vivono in un altra dimensione. Noi tutti professiamo la fede che nella morte la vita non viene tolta, ma cambiata, e nonostante ciò facciamo discorsi vuoti che dicono che i morti vivono nella musica, nei fiori, nelle memorie, nel nostro amore, in chissà che cosa…
Questi discorsi dolci possono essere attraenti, ma sono falsi.
Se i morti vivono vivono in Dio. Noi uomini facciamo fatica ad aiutare i viventi. Per i morti tutto ciò che è terreno non vale nulla. Fra 50 anni, quando morirà la generazione che li conosceva, non li ricorderà più nessuno. Dal mondo umano ai nostri defunti può servire soltanto la nostra preghiera se sono nel Purgatorio, affinchè possano essere veramente purificati dai peccati e dalle omissioni per essere aggiunti alla moltitudine di cui ci ha parlato il libro dell’Apocalisse.
Il Vangelo che abbiamo sentito segue la stessa via. Gesù è il pastore che dona la vita eterna alle Sue pecore. Quelle pecore ascoltano la Sua Voce e Lo seguono. Cerchiamo di fermarci un attimo per riflettere: cosa ci dicono queste parole?
Il mondo moderno fa fatica a capire questa parabola. Dire oggi a qualcuno che è una pecora sembra un insulto, non un complimento. Quando qualcuno vuol deridere i fedeli dice che sono come le pecore: persone che non sanno niente, ma seguono qualcun altro.
Anche qui bisogna distinguere alcune cose. Prima di tutto: che cosa vuol dire la parabola? Nel tempo in cui Gesù predicava i pascoli in Palestina erano pieni di pecore e di pastori che se ne prendevano cura. Nello stesso territorio si mescolavano greggi di pastori diversi, eppure ogni pecora conosceva il proprio pastore. Riconosceva la sua voce tra tante altre voci. Coloro che custodivano le pecore - e coloro che lo fanno ancora - sapevano che questa cosa era normalissima e alla chiamata del pastore il proprio gregge si staccava dagli altri e lo seguiva, perchè credeva al proprio pastore e sapeva che egli avrebbe curato ogni singola pecora del gregge.
Noi riconosciamo la Voce diversa dalle altre che ci invita e ci guida? Oppure oggi seguiamo tante voci nel rumore di questo mondo, senza sapere a chi vale donare la fiducia?
Spesso diciamo che il Papa, i Vescovi e i sacerdoti sono pastori. Questo è vero, ma non completamente. Tutti noi che abbiamo ricevuto il Santo Ordine siamo chiamati come tutti gli altri, ma ancora di più a seguire l’unico pastore: Cristo Signore. Da questa sequela provviene il servizio di guidare gli altri. Quel servizio non deve voler dire impadronirsi di qualcuno, ma mettersi al servizio per guidare sulla via della vita eterna.
Domani è la domenica del Buon Pastore. In quest’occasione la Chiesa ci invita a pregare per le vocazioni religiose e sacerdotali. Ci invita a pregare il buon Dio di mantenere nella fede i pastori già ordinati e di chiamare tra i giovani coloro che veramente il Signore desidera che diventino sacerdoti, religiosi o religiose.
Sappiamo tutti che non è il tempo ideale per fare pubblicità per le vocazioni religiose. E’ passato il tempo in cui i sacerdoti e i religiosi erano rispettati. Anche se tanti ci rispettano più di quanto ci meritiamo nelle grandi città le persone vi insulteranno se portate la veste e se vedono che siete sacerdoti.
Il mondo d’oggi spesso non ammira i sacerdoti, ma piuttosto si sente il dispiacere per queste persone, perchè sono diventati sacerdoti, religiosi o suore.
La Chiesa ci insegna che il Signore è tra di noi nonostante gli scandali nella Chiesa stessa. Egli è tra di noi in 4 modi: nella comunità radunata Lui è presente nella Sua Parola; è presente in modo particolare nel pane e nel vino. Ma la Chiesa ci insegna che è presente qui in un altro modo ancora: nella persona del sacerdote. Forse per voi è difficile riconoscere Gesù nel sacerdote. Forse per voi è difficile riconoscerLo in me. A me, personalmente, è ancora più difficile.
Quando ho scelto il moto per la mia prima Messa ho scelto ciò che il nostro beato Cardinale Aloise Sepinaz aveva: “In Te Signore confido”.
Per me era chiaro che tipo di candidato ero per il Santo Ordine. Camminavo sempre per una via di mezzo. Non ero particolarmente buono. C’erano tanti motivi per rinunciare. Ma era anche chiaro che tra noi,una trentina di giovani che quell’anno abbiamo ricevuto il Santo Ordine, nessuno era perfetto.
Se noi non andiamo a lavorare nei campi del Signore chi ci andrà? Non siamo perfetti, ma non ce n’erano degli altri. Anche se si rimprovera sempre che i sacerdoti stanno tanto bene non vedo grandi code per entrare in seminario.
Tante volte c’erano guerre nelle nostre zone. Se avessimo cercato militari perfetti non avremmo mai avuto militari; non ci saremmo mai difesi dai nemici, perchè militari perfetti non ne avremmo trovati. Abbiamo potuto contare solamente su coloro che volevano andare a fare il militare. Grazie a loro siamo rimasti integri nella fede e come popolo.
Così è passato il tempo quando venivano scelti i migliori per diventare sacerdoti. Quel tempo non c’è più. La Chiesa deve appoggiarsi a coloro che sono pronti a partire per questa via. Proprio in questo, forse, si realizzano le parole di san Paolo: “Con la grazia di Dio sono quello che sono”. E le parole che lui ha sentito dal Signore: “Ti basta la Mia grazia. La forza si perfeziona nella debolezza, perchè nessuna persona mortale si vanti davanti a Dio”.
Il Signore è sempre qui con la Sua grazia e non con i nostri meriti. Preghiamo perchè ci siano abbastanza persone che collaborino coraggiosamente con questa grazia del Signore.
Amen.

 

Fonte: IdM (registrazione audio di Flavio Deagostini – trascrizione A cura di Andrea Bianco )

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